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Rappresentazione visiva dell'articolo: Banche centrali: settembre tra tagli, cautela e QT

Autore: Banca Widiba

Data di pubblicazione: 30 settembre 2025

Banche centrali: settembre tra tagli, cautela e QT

Settembre ha segnato un cambio di passo per le banche centrali: la Fed ha dato il via a un primo taglio dei tassi, segnalando un potenziale cambiamento della politica monetaria, mentre in Europa la BCE e la Bank of England restano caute. Intanto, anche la BoJ si avvia verso la normalizzazione, seppur con prudenza, dopo oltre un decennio di politiche ultra-espansive. Il contesto globale resta incerto, ma le traiettorie potrebbero essere in fase di divergenza.

Ecco un riepilogo delle principali mosse delle banche centrali nel corso del mese.

Fed

Il leggero indebolimento del mercato del lavoro ha fornito alla Federal Reserve la motivazione per ridurre i tassi di interesse di 25 punti base. Più controverso,invece, il quadro sull’inflazione: l’indice core PCE (Personal Consumer Expenditures, l’indice di riferimento di inflazione) è risalito al 3%, ancora ben lontano dal target del 2%.

La decisione di tagliare i tassi è arrivata con un voto di 11 a 1. L’unico dissenso è quello di Stephen Miran, ex consigliere della Casa Bianca nominato nel board da Trump pochi giorni prima del voto, che avrebbe preferito un taglio più deciso, di 50 punti base. La sua posizione, legata allo stretto rapporto con l’amministrazione del presidente, ha rafforzato la percezione che le decisioni in materia monetaria siano sempre più dettate dalla politica.

Nonostante queste pressioni, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha ribadito che il percorso dei tassi resterà “data dependent”, evitando di alimentare aspettative di una rapida sequenza di tagli. I mercati, tuttavia, continuano a scontare ulteriori tagli nei prossimi mesi: il rendimento del Treasury a 2 anni è intorno al 3,6%, mentre il decennale resta sopra il 4,1%. Sarà quindi interessante osservare le prossime mosse della Fed a ottobre.

BCE

Dall’altra parte dell’Atlantico, la Banca Centrale Europea ha optato per la prudenza, mantenendo i tassi fermi al 2% nella riunione del 10-11 settembre. Le nuove tariffe americane e il loro potenziale impatto su inflazione e crescita restano un’incognita, mentre l’inflazione europea prosegue il percorso di discesa.“Siamo determinati a garantire che l’inflazione si stabilizzi al 2% nel medio termine” ha ribadito Christine Lagarde, senza però impegnarsi su tempistiche predefinite sui tagli. La BCE continua dunque a bilanciare cautela e gradualità, con il Bund decennale che oscilla intorno al 2,3%.

Bank Of England

Dopo la sequenza di tagli dell’ultimo anno, la Bank of England ha confermato a settembre i tassi al 4,00%. La decisione era ampiamente attesa dai mercati, anche considerando che l’inflazione ad agosto è rimasta al 3,8%. Il governatore della BOE, Andrew Bailey, ha affermato che eventuali futuri tagli saranno attuati ‘gradualmente e con cautela’, ricordando che l’inflazione non è ancora fuori pericolo (“not out of the woods yet” ha esplicitamente detto il numero uno della bank of England).

Bailey ha inoltre annunciato un rallentamento del programma di ‘quantitative tightening’, riducendo le vendite annue di titoli di Stato britannici da 100 a 70 miliardi di sterline per il periodo ottobre 2025–settembre 2026. La misura punta ad allentare la pressione sul mercato, che resta tuttavia fragile: i gilt a 30 anni hanno toccato il 5,6%, livelli interessanti per i risparmiatori.

Bank Of Japan

La Bank of Japan nell’ultima riunione del 18-19 settembre ha mantenuto i tassi invariati allo 0,5% - il livello più alto dal 2008 - ma ha compiuto nuovi passi verso la normalizzazione per diminuire la massa monetaria circolante. A settembre ha annunciato la vendita annuale di ETF per 330 miliardi di yen e di J-REIT (Real Estate Investment Trusts) per 5 miliardi di yen, riducendo gradualmente la presenza sui mercati finanziari. Con questa decisione la BoJ compie un nuovo passo verso lo smantellamento, iniziato a marzo 2024, delle misure stimolanti adottate negli ultimi 13 anni, che hanno portato il suo bilancio a includere ETF per ben 37 trilioni di yen.

Il governatore Kazuo Ueda ha dichiarato che, al momento, l’impatto delle tariffe statunitensi sull’economia giapponese appare limitato, ma ha sottolineato la necessità di mantenere alta la vigilanza sui rischi connessi.

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